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Alighieri, Pietro.

Letterato e poeta italiano. Secondogenito di Dante, lo seguì nell'esilio, con i fratelli, dopo la sentenza del 1315. Sicuramente a Ravenna nel 1321, probabilmente assistette alla morte del padre e, prima di tornare a Firenze, trovò gli ultimi tredici canti del Paradiso a cui Dante ancora aveva lavorato poco prima di morire. Si recò a Bologna per studiare diritto, dove divenne amico di Petrarca, e nel 1335 si trasferì a Verona per esercitare la funzione di giudice. Fin da giovane si era dedicato alla poesia, seguendo l'esempio paterno nei contenuti e nel linguaggio, che risulta però sempre piuttosto faticoso. Gli sono attribuiti diversi componimenti, fra cui le canzoni Quelle sette arti liberali in versi, di argomento morale, in cui difendeva l'ortodossia paterna e Non si può dir che tu non puossi tutto, dedicata a Dio, di contenuto politico sulla falsariga dantesca. L'opera maggiore fu il Commentarium, scritto in latino, alla Divina Commedia; steso in tre redazioni, fra il 1340 e il 1358, costituisce il contributo più importante del Trecento all'esegesi dantesca. In esso A. fece rifluire tutta la sua conoscenza diretta del pensiero del padre, illuminandone i punti scuri, tanto che riesce a tutt'oggi assai utile per la critica del testo, fornendo indicazioni e conferme storiche e biografiche (ad esempio sulla realtà di Beatrice, sull'attribuzione della Quaestio de aqua et terra), chiarendo significati allegorici, filosofici ma nondimeno poetici dell'opera che, per lui, era innanzitutto la fictio con cui Dante, gareggiando con gli antichi, si era reso degno della definizione di poeta "classico". Infatti una delle preoccupazioni del Commentarium sembra quella di dimostrare la concordanza delle teorie paterne con quelle dei Padri della Chiesa, della scolastica e dei classici più autorevoli (Firenze prima del 1300 - Verona 1364).